Diario dall’India: 22 gennaio 20

A Kalinpong c’è un grandissimo pittore che un giorno verrà chiamato il Michelangelo dell’India. Tutte le mattine, uscendo da Crookety House lo vediamo all’opera, con una collezione di pennelli, mentre dipinge con immensa cura e precisione il suo immenso capolavoro. E’ un militare del comando sottostante e ormai in una settimana è arrivato a metà della sua grande opera, che richiede tempo, abnegazione, maestria e perizia. Eccovi una anteprima della prima metà del capolavoro:

 

Proseguendo per la strada, abbiamo chiesto all’autista di fermare un momento la macchina per poter fare una foto:

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Lavorando alacremente con gli studenti, sono arrivato all’ultima lezione di tecnica direttoriale. Dalla prossima settimana (ci sono 3 giorni di vacanza) lavorerò solo sul repertorio e su questioni inerenti alla formazione musicale. Inoltre, visto che gli studenti hanno grossi problemi di ritmo, io e Niccolò ci siamo messi a fare un laboratorio di ritmica:

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Per la prima volta in vita mia, durante la pausa delle lezioni, ho mangiato delle banane appena raccolte dagli alberi circostanti.

Nel pomeriggio abbiamo proiettato un DVD sul Sistema di Antonio Abreu che ha commosso molti dei presenti (me compreso):

 

 

Poi siamo andati a visitare il laboratorio di liuteria del Gandhi Ashram: inspiegabilmente è in disarmo, proprio mentre ci sarebbe molto bisogno di manutenzione e riparazione degli strumenti. Non riusciamo a capire cosa sia successo.

Tornati a casa, visto che c’era ancora luce, sono sceso a fotografare la casa dove visse Tagore, il grande poeta indiano.

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Diario dall’India: 21 gennaio 2015

Questa mattina una ragazza che frequenta il mio corso era visibilmente fuori fase. Le ho chiesto che cosa non andsse e lei mi ha risposto che moriva di freddo. La cosa era molto comprensibile, perché aveva scarpe infradito con i piedi nudi e un vestito bellissimo ma estivo. Una sua amica mi ha detto che visto che l’inverno dura solo due mesi, i ragazzi più poveri non comprano abiti caldi che possono essere usati per così poco tempo, e, quindi, si tengono il freddo. Qui tutti sono vestiti in maniera insufficiente. Per la strada le scarpe infradito sono la regola, non l’eccezione. Qualcuno ha delle calze, ma è sempre troppo poco.

Alla mia lezione è venuto il direttore della scuola. Finora non era mai venuto, anzi, da tempo non era neppure a Kalinpong. Avedo saputo che nel pomeriggio precedente c’erano state molte defezioni, ha fatto una ramanzina agli studenti. La ramanzina era di grande violenza, i poveretti erano terrorizzati e contriti, e io ho provato un forte senso di disagio. Mi dicono che qui la scuola è estremamente autoritaria. L’ho potuto vedere con i miei occhi.

Nel pomeriggio ho diretto per la priima volta l’orchestra della scuola. O meglio, quella parte che è disponibile, visto che il mio corso si tiene in un momento in cui gli studenti sono in vancanza. Il numero di ragazzi che fanno parte dell’orchestra è 300 (!!!), ma durante le vacanze il responsabile ne ha raccolto solo una ventina.

 

Diario dall’India: 20 gennaio 2015

Per quanto riguarda il Gandi Ashram, invece che fare descrizioni, preferisco postare delle fotografie. Quello che si vede è la vecchia struttura fatiscente. Dopo il terremoto di alcuni anni fa, con l’aggravante dello smottamento del terreno della collina, si è reso necessario un trasloco della scuola.

Grazie a donazioni internazionali è stata costruita la nuova scuola e verrà inaugurata il 16 di febbraio. Le foto che vedete si riferiscono alla vecchia scuola, quella dove sto facendo il mio corso.

 

Diario dall’India: 19 gennaio 2015

Siamo molto colpiti di quanto questi studenti siano diligenti. Studiano senza fare storie anche un giorno per l’altro. Da queste parti la scuola è un privilegio, un’opportunità, un riscatto sociale: qui non si marina la scuola, sarebbe come rinunciare a un privilegio. Purtroppo abbiamo capito che qui l’educazione è molto autoritaria, gli studenti hanno una enorme paura reverenziale nei confronti degli insegnanti e bisogna stare molto attenti a come si dice che una cosa è sbagliata perché un’osservazione atta a migliorare può ricordare loro le punizioni ricevute.

Nella sala grande della scuola ci sono dei grandi armadi metallici che contengono gli strumenti – metà con la custodia, metà senza – e gli spartiti. Qui tutto è della scuola e tutto è in comune.

Ecco un po’ di fotografie:


Il traffico indiano è qualcosa di indicibile.

Le strade hanno delle buche enormi, gli autisti cercano continuamente di superare anche nelle curve più pericolose, non si vedono cartelli stradali, moltissime strade hanno come ciglio uno strapiombo e ogni volta che si arriva sani e salvi a destinazione si sente il bisogno di accendere un cero.

Un discorso a parte lo meritano i clacson. Ursula dice che qui suonare il clacson non viene fatto come forma di sopraffazione (smamma!) ma come forma di ringraziamento. In effetti molte volte lo sento suonare a sorpasso avvenuto (grazie che mi hai lasciato passare). Però, indipendentemente dal suo significato, il clacson suona sempre. Penso che se si guastasse, gli indiani non salirebbero neppure in automobile.