Titolo altisonante sui giornali “Rivoluzione nomine, volti nuovi e tre donne presidente” (dice il Corrierone, ma gli altri giornali non si discostano). Questo perché sono stati nominati i nuovi managers delle aziende di Stato. Seguono mille pareri diversi, giudizi, valutazioni, acute riflessioni, vaticinii, profezie, moccoli, battute. Mi sprofondo a leggere e cerco dove stia la rivoluzione.
Neanche una traccia: il capo della politica nomina i capi delle aziende di stato, come avviene da sempre, con procedimento consueto, direi pure vecchio e decrepito, in cui il feudatario assegna di imperio ruoli e prebende ai suoi vassalli più fedeli.
Ah, giusto, ci sono tre donne, ma questa sarebbe stata una notizia rivoluzionaria negli anni ’50, non ora, in cui le donne sono rappresentate in tutte le professioni, e in moltissime di queste hanno pure la maggioranza (professioni impiegatizie) se non la quasi totalità (scuola).
Ho provato ad immaginare una vera rivoluzione.
Immaginavo che la direzione delle aziende di Stato fosse messa a pubblico concorso. E non solo. A concorso anche la direzione dei teatri, delle aziende sanitarie, delle partecipate, delle municipalizzate, di tutte le “plance di comando” dove viene esercitato, con evidente scambio di favori, il potere.
Che meraviglia che sarebbe!
Eppure questo avviene altrove con assoluta naturalezza e regolarità.
Provate ad acquistare il quotidiano “Guardian” nella giornata di sabato e sbirciate la pagina degli annunci.