Siamo continuamente bersagliati dalla pubblicità.
Sotto forma elettronica (migliaia di email indesiderate ci intasano i nostri computer), sotto forma cartacea (le nostre caselle delle lettere sono zeppe di volantini) e sotto ogni altra forma. Foreste intere vengono abbattute per stampare inutili volantini che nella maggior parte dei casi vengono prontamente cestinati. Spendiamo soldi a farci installare la cassetta postale per la pubblicità nei condomini, ad installare filtri e servizi antispam nella nostra posta elettronica. E spesso squilla il telefono per avvertirci che il mobilificio tal dei tali è in promozione e che la compagnia telefonica tal altra fa una nuova offerta. Ci suonano alla porta per promuovere la marca di surgelati e ci fermano per strada mentre abbiamo fretta per darci l’inutile volantino del nuovo calzaturificio, mentre il cellulare squilla per l’SMS di un nuovo ristorante.
La pubblicità ha costi enormi per ciascuno di noi: costi diretti, in quanto i prodotti e i servizi sono caricati dai costi pubblicitari, ma ancora di più sono drammatici i costi indiretti, visto che un sacco di tempo della nostra giornata viene risucchiato dal buco nero pubblicitario, e il tempo è merce rara, preziosa e non rinnovabile.
Non possiamo scioperare contro la pubblicità perché tutto viene pubblicizzato, e non possiamo permetterci di non acquistare nessun prodotto in assoluto. Nel mio piccolo ho cercato di aprire al massimo gli spazi ai prodotti poco o nulla pubblicizzati, oppure pubblicizzati in maniera gradevole (sponsorizzando cose utili, per esempio). Ma è una goccia nell’oceano. Il mio sogno sarebbe che si raggiungesse una consapevolezza critica sufficiente a garantire giuridicamente e praticamente il diritto a non ricevere pubblicità, la cosiddetta opt-in, cioè che un pubblicitario possa inviare materiale solo se può dimostrare che questo è richiesto. Su Internet è già così, anche se gli spammers spediscono da indirizzi collocati in paesi strani e dove i diritti del ricevente siano intutelabili. Ma almeno la pubblicità su carta, su telefono e su SMS dovrebbe essere tutelata. Chissà quando ci arriveremo.
Il perdono � una tecnica primaria per la liberazione di noi stessi, che, generalmente, porta un beneficio piccolo o nullo agli altri. Ogni odio, rancore, offesa ci lega per la vita a chi ci ha offeso. Il nostro pensiero ciclicamente ci riporter� al male subito, le nostre emozioni ci faranno regredire ogni volta alle offese e alle sofferenze, il nostro pensiero e la nostra coscienza saranno sempre immersi nelle fognature del nostro passato, rinvangando i torti subiti, ampliandoli e riportandoceli nuovi e sempre pi� potenti ogni giorno. Ogni volta che noi riceviamo un grave affronto, il legame di rabbia che ci lega a chi ci ha offesi spesso � pi� grande dell’offesa stessa. Perch� ogni offesa pu� essere rimasta nel passato e non venire pi� ripetuta. Ma la rabbia ci lega ogni giorno nel presente e ipoteca tutto il nostro futuro. Il perdono � l’unico mezzo per spezzare le nostre catene, anche se non � un procedimento facile n� rapido. Dire �io ti perdono� sono solo vuote parole. Il perdono � un processo lungo, impegnativo e faticoso, che ha bisogno di numerosi stadi per potere arrivare in fondo, almeno se abbiamo da perdonare qualcosa di veramente grosso. Al termine di questo processo, noi ci saremo liberati di un peso e proveremo assoluta indifferenza per chi ci ha offesi. Se proviamo altri sentimenti per il nostro persecutore (pena, schifo, ecc.), vuole dire che non ci siamo ancora liberati. Va precisato che noi perdoniamo per liberare noi stessi, e quindi il perdono � un interesse principalmente nostro. Non possiamo perdonare l’altro solo se lo merita o solo se si pente, perch� il nostro carnefice non lo meriter� mai e sar� sempre libero di non pentirsi. Se vincoliamo il nostro perdono ad un comportamento dell’altro, vuole dire che non abbiamo capito nulla sul perdono, oppure che non ci vogliamo liberare dalle nostre catene adducendo varie scuse. Il perdono non pu� essere altro che incondizionato, altrimenti � solo una bella parola. Va ricordato anche che il perdono � una vera e propria scienza, e molti saggi e molti studiosi si sono lungamente applicati per studiarlo e per praticarlo. Tempo fa volevo tradurre in italiano il trattato sull’arte del perdono scritto da Edith Stauffer (Unconditioned love and forgiveness), allieva di Assagioli, e avevo gi� tradotto i primi tre capitoli. Poi ho desistito perch� un lavoro del genere richiederebbe di trovare prima un editore. Ma la scienza del perdono � assolutamente indispensabile per la crescita interiore di ognuno di noi.
Un caso differente � il problema di perdonare noi stessi. Normalmente non accettiamo di essere meno che perfetti, e quindi ci crocifiggiamo a lungo per ogni nostro errore. Anzi, spesso non verifichiamo neppure se il nostro comportamento giudicato negativamente, era veramente un errore. Questo denota di avere per noi stessi degli ideali irreali, assurdi, irraggiungibili, e ci ricorda quanto ci serva il vecchio e immortale: conosci te stesso. Se noi non ci perdoniamo, la nostra mente, la nostra coscienza, le nostre emozioni saranno sempre rivolte all’errore commesso, ingigantendolo e, soprattutto, portandoci a ripeterlo. Perch� se penso costantemente ad una cosa non far� che agirla. E quindi, se non perdoniamo noi stessi, non possiamo apprendere dai nostri errori e saremo condannati a ripeterli all’infinito. Veramente una splendida prospettiva!