Nel gergo della malavita il palo è un complice del ladro, quello che rimane fuori dal luogo del saccheggio sia per distrarre gli eventuali passanti sia per avvertire per tempo i rapinatori dell’avvicinarsi della polizia.
Recenti articoli giornalistici che ho letto negli ultimi tempi, e che rappresentano il punto più basso mai raggiunto dal giornalismo nell’ultimo secolo (ricordo che il giornalismo di regime ce la mise tutta per indurre il vomito, eppure è stato indubitabilmente superato) mi fanno ricordare proprio il palo del rapinatore.
Il rapinatore è chiaramente l’iniquo sistema fiscale che ci ritroviamo ad avere, quel sistema che infila nelle nostre tasche le sue mani, sporche di corruzione, per… ripulirle.
Per non generare insurrezioni troppo violente – l’equivalente sociale dell’arrivo della polizia – il palo/giornalista cerca di distrarre la folla con le sue pirotecnie. I temi basati sul pecoreccio bavoso o sul complottismo delirante hanno sicuro successo, ma piacciono sempre anche le storie lagrimevoli e le infuocate polemiche surrettizie, meglio se condite di insulti, luoghi comuni, statistiche e malvagità.
Mentre la folla è accalorata dall’interesse per la carognata quotidiana, furbe mani suggellano decreti di insensate ruberie, camuffate da servizi, appalti, rivalutazioni e altre ipocrisie.
E, come in ogni furto, la gente se ne accorge e duole solo quando i quattrini si sono già involati, preparando le condizioni più favorevoli per il prossimo scoop.
Fantastico !!!!