Penso che tutti i navigatori su internet si siano resi conto che, a partire dai primi di giugno 2015, tutti i siti presentano un messaggio che indica che il fatto di proseguire nella lettura implica l’accettazione dell’invio di cookies, in quanto è entrata in vigore la nuova legge sulla privacy del web.
I cookies (in inglese=biscotti) sono dei minuscoli file di testo che il sito fornisce al browser (=programma di navigazione) e permettono di tracciare l’utente. Senza queste informazioni è impossibile ricordare, per esempio, che l’utente ha già fornito username e password e che quindi non deve autenticarsi ad ogni pagina, oppure che l’utente preferisce leggere la versione in italiano o altro ancora.
Questa legge ha provveduto a criminalizzare una tecnologia che invece è indispensabile per la consultazione di un sito tecnologicamente complesso e per l’erogazione di qualsiasi tipo di servizio. La perdita dell’anonimato su internet non si deve tanto ai cookies, ma a tutte le informazioni che lasciamo costantemente in rete (risultati delle ricerche, iscrizioni a servizi) e il tracciamento più invadente non è quello tramite gli innocenti biscottini, ma quello tramite il log delle nostre attività associato al numero IP della nostra connessione, informazioni che per legge debbono essere conservate per anni dal provider e per le quali, guarda caso, nessuno ci ha mai chiesto il consenso informato.
Pertanto, ora dobbiamo dare il consenso continuo ai cookies migliaia di volte, per ogni nuova pagina che apriamo. Si badi bene che l’alternativa non è il non ricevere i cookies, ma rinunciare a navigare su tale pagina.
Siamo alle solite: la privacy invece che tutelare il cittadino serve solo a vessarlo inutilmente . Ogniqualvolta usufruisco di un servizio mi si chiede il permesso di utilizzare i dati che sono indispensabili all’erogazione del servizio stesso, per esempio se vado in un albergo debbo accondiscendere a dare il mio nominativo, ma se nego il consenso non posso entrare; oppure se ordino una merce per corrispondenza debbo accondiscendere a comunicare il mio indirizzo al venditore, ma se non lo facessi non potrei mai ricevere la merce a casa.
In realtà un cittadino italiano non ha nessun diritto a nessuna privacy: principalmente per la tracciabilità fiscale, ma anche per altre motivazioni (antimafia, ecc.) la privacy è un puro esercizio di ipocrisia.
La questione dei cookies, vieta cerimonia ossessiva per tutta la durata di ogni navigazione su internet, è diventata indecorosa, ed è pure inutile. Se uno vuole evitare di ricevere i cookies, ha a disposizione due sistemi: o usa la navigazione anonima oppure va sulle impostazioni del proprio browser e indica che non li vuole ricevere. Tutti i principali browser esistenti hanno entrambe le possibilità.
Ma, invece di dare un comando una volta per tutte all’interno del browser, si è preferito costringere l’utente a dichiarare il consenso all’infinito per tutte le migliaia di siti che andrà a consultare.
P.S. Visto che si tratta di una legge, obtorto collo ho dovuto mettere anche sul mio sito l’odiosa richiesta di consenso, come avrete notato. Mi trovo nel paradosso di chiedere scusa per aver rispettato una legge.