Finanziare gli stati
Tutte le cose più importanti e più belle sono sempre improponibili politicamente perché non c’è copertura finanziaria.
La grande narrazione ci ha sempre raccontato che gli stati si finanziano solo con le tasse. Più servono soldi e più si alzano le tasse. Ma più si alzano le tasse più si impoverisce il paese e quindi diminuisce il gettito fiscale, e così occorre aumentare ulteriormente le tasse. I risultati sono sempre stati disastrosi, ma l’importante è narrare le cose in modo accattivante, per esempio adducendo che il problema sono gli evasori e presentando statistiche fantasiose per sostenere tale teoria.
Ma le cose non stanno affatto così, i modi di finanziare gli stati senza aumentare le tasse ci sono, eccome, e quelle che qui espongo sono solo le prime idee che mi vengono in mente, ma uno studio attento porterebbe immense sorprese.
Se uno stato ha la propria sovranità monetaria può benissimo finanziarsi con il signoraggio sulla moneta, visto che è andata così ovunque per tutta la storia, solo l’Euro e il Franco CFA fanno eccezione: infatti entrambi hanno portato disuguaglianze, che sono diventate recessione e povertà.
Se uno stato non ha la propria sovranità monetaria ha già perso in gran parte la sua battaglia, tuttavia può ugualmente creare e vendere titoli (guarda caso, durante la crisi pandemica lo stato non ha incassato quasi nulla e come ha pagato gli stipendi? Sorpresa! Non chiedendo prestiti alla BCE ma vendendo propri titoli che sono andati a ruba).
Se i titoli di stato invece di essere venduti con condizioni ignobili sul modo di fare le aste (ci sarebbe da scrivere un libro solo su questo) venissero venduti con condizioni onorevoli, o addirittura se si arrivasse a ripetere la geniale intuizione di Aldo Moro di fare emettere moneta sonante direttamente dal ministero del tesoro come se fosse un titolo (le famose 500 lire di Moro, capolavoro assoluto di economia monetaria), forse non sentiremmo mai più parlare di spread, disavanzo pubblico e altre schifezze. Che strano che proprio Moro sia stato l’unico politico dall’inizio della Repubblica ad essere stato assassinato…
E infine c’è un capitolo immenso da esplorare, che è quello di usare e di rendere fruttiferi i beni comuni. Il concetto di bene comune è la Cenerentola del diritto e dell’economia, e visto che la grande narrazione vuole solo beni privati anche gli studi sui beni comuni sono solo a livello embrionale. Dietro l’economia dei beni comuni si cela la più grande rivoluzione economica della storia, una rivoluzione che modificherebbe l’intero approccio dell’umanità all’economia, perché da questo settore potrebbero risultare immensi tesori e numerosissime nuove soluzioni ai problemi economici e politici di ogni nazione. Su questo tema, purtroppo, siamo solo agli albori, ma già filosofi, giuristi ed economisti cominciano ad affrontare la questione.
Il tema dei beni comuni ingloba anche l’economia del dono e l’economia cooperativa, che sono ulteriori grandi rivoluzioni future delle quali quasi nessuno capisce ancora la portata.
Un altro tema importante è il fatto che gli scambi economici non avvengono solo in moneta ma anche in beni e servizi, e pure questo argomento, lungamente snobbato come un ritorno all’età della pietra, potrà avere immensi sviluppi quando se ne coglieranno le reali potenzialità.
E non dobbiamo dimenticarci neppure del concetto della decrescita felice, cioè il fatto che a misurare la funzionalità di uno stato non è affatto il PIL ma il benessere dei cittadini (attenzione: dico benessere e non tanto avere).
In questa logica potremmo arrivare un giorno al concetto di Felicità Interna Lorda, parametro inventato dal piccolo stato del Bhutan per valutare il rapporto tra l’economia e i cittadini.
La vera crescita
Gandhi diceva “Quando i cittadini saranno cresciuti i politici saranno costretti ad accodarsi”.
Davanti a tanta saggezza ci si toglie il cappello. E ci si rende conto che la crescita – della coscienza, non del PIL – è la soluzione prima. E unica.
Nota Bene: Tutte le affermazioni che cito in questo articolo sono supportate da dati e numeri, a loro volta reperibili su fonti ufficiali oppure su fonti altamente autorevoli, anche se per la scrittura di un articolo sul mio blog personale non ho ritenuto utile tempestare il testo di referenze.
Essendo la Grande Narrazione un fenomeno mondiale, pur se talvolta mi sono riferito a fenomeni globali, il più delle volte mi sono limitato all’Italia per il fatto che i lettori del mio blog probabilmente sono italiani e potranno meglio verificare tali informazioni.