Il paradosso dell’evasore

Nel mio mestiere di insopportabile guastafeste mi imbatto sempre più frequentemente nelle tonitruanti crociate contro gli evasori.

Viene detto che se non ci fosse l’evasione il debito pubblico sarebbe già stato annullato, che l’evasore è un parassita della società; viene rilanciato come un mantram lo slogan “pagare meno, pagare tutti”, e ogni tipo di paragone tra l’evasore e il male assoluto non è mai stato risparmiato.

Essendo considerata l’evasione il delitto civico per antonomasia, si è deciso di abolire ogni possibile libertà ai cittadini per meglio perseguirla: abolizione del segreto bancario e di qualsiasi correlata forma di privacy, abolizione delle transazioni in contanti e susseguente obbligo di diventare tutti clienti  delle banche, diminuito diritto di difesa di fronte ad accertamenti fiscali, accertamenti basati su paramentri induttivi e non più su riscontri documentali, istituzionalizzazione delle delazioni anonime, istituzione di uno spionaggio elettronico su tutti i cittadini gestito dall’agenzia delle entrate (si chiama Gerico 2014), e mille altre vessazioni che ognuno di noi subisce quotidianamente come sacrificio necessario alla lotta anti evasione.

E i risultati si vedono, eccome: se andiamo a guardare le statistiche vediamo un aumento enorme delle entrate tributarie, almeno nell’ultimo decennio, con cifre enormi e sempre crescenti recuperate, anche se, sul modo con cui vengono recuperate, ci sono fondate perplessità.

Eppure, a fronte di entrate fiscali in crescita esponenziale, abbiamo avuto l’esatto contrario di quanto dichiarato da politici, giustizialisti e slogan: stiamo pagando sempre di più, le tasse crescono, tutte le spese in cui lo Stato abbia voce in capitolo (gas, autostrade, energia, carburanti, ecc.) sono in continuo aumento.

Beppe Grillo, addirittura, ha affermato, tempo fa, che se nessuno evadesse i politici ruberebbero di più. Ma se osserviamo cosa succede, è difficile dargli torto. La sanità, la cultura, la scuola, le pensioni sono state tosate in maniera ignobile, lo stato non si occupa più delle necessità primarie dei cittadini a fronte di una spremitura fiscale mai raggiunta finora né in volume assoluto né in percentuale.

Guardando da una parte i maggiori incassi dello stato, dall’altra i vergognosi tagli ai servizi pubblici essenziali e agli obblighi dello stato nei confronti dei cittadini vediamo che ogni euro pagato in più in tasse viene tolto (non dato!) ai bisogni primari dei cittadini.

E l’evasore? L’evasore (che più spesso è un elusore, ma chi spara nel mucchio non è interessato alle differenze) incassa e spende ciò che ha incassato (accumulare in conti correnti sarebbe una auto denuncia), permettendosi beni e servizi e, quindi, facendo girare l’economia, e, di conseguenza, perfino le entrate fiscali. Praticamente l’evasore è doppiamente prezioso, perché dà ossigeno economico alla società civile (beni, servizi, ristoranti, ecc.) e, come ricaduta, porta comunque entrate allo stato.

Domanda difficile difficile: chi dei due è il vero malfattore?

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