Elogio dell’incomprensibilità

«Gli uomini hanno il dono della parola non per nascondere i pensieri ma per nascondere il fatto che non li hanno. (Soren Kierkegaard)»

Premessa

Ho condotto questo mio umile studio colmo di commossa ammirazione per alcuni grandi geni che hanno saputo preservare il loro pensiero da ogni possibilità di decifrazione, custodendolo con la stessa sicurezza con cui una cassaforte custodisce i gioielli più preziosi.
Questi maestri, per nostra fortuna, sono sempre stati numerosissimi, e hanno permesso ad ogni generazione di avere abbondanza di modelli di guide.
Da tanta ricchezza e genialità ho potuto attingere a piene mani al fine di studiare ed indicare i trucchi, gli accorgimenti, le sottigliezze sublimi, indispensabili per ottenere tali risultati.
Leggendo questo mio piccolo scritto molti potranno prendere coscienza di tante tecniche utilizzabili in ogni momento; spero, tuttavia, che nessuno si illuda che i vertici dell’incomprensibilità possano essere facilmente raggiunti leggendo ed applicando semplicemente il mio piccolo lavoro:
come per tutte le arti, l’incomprensibilità richiede predisposizione innata, talento creativo, ma anche tanta, tantissima applicazione quotidiana.
Nel presente lavoro ho provato a presentare solo alcuni dei suggerimenti più comuni, conscio del fatto che non potrò mai svelare compiutamente i segreti dell’arte dei sommi geni, capaci di resistere ad ogni tentativo di divulgazione e di imitazione.
Ovviamente questo scritto potrebbe pure essere utilizzato per lo scopo opposto, cioè quello di imparare ad essere chiaro e comprensibile, ma spero che nessuno si lasci contagiare da questa insana mania, tanto inutile quanto dannosa.

Perché è meglio esprimersi in maniera incomprensibile

Esistono migliaia di manuali su come scrivere bene, per farsi capire, per comunicare efficacemente che cadono, regolarmente inascoltati, perché, come tutti sanno, non servono a nulla.
Infatti, se riflettete, quello che serve non è affatto il comunicare efficacemente, bensì l’apparire!
Le nostre idee sono spesso semplici, rudimentali, banali e inutili, in casi estremi sappiamo con certezza che sono pure idiote. Se le esterniamo con semplicità tutti si renderanno conto della nostra naturale pochezza, e verremo immediatamente considerati per quello che siamo. Se, invece, le esporremo in maniera incomprensibile, saremo lungamente ammirati e stimati.

Esaminiamo quello che succede con i doni: se a Natale non avete trovato un regalo adatto ad una persona cara e quindi vi viene in mente di riciclare uno di quegli oggetti orrendi, inutili e idioti che vengono chiamati con il nome ipocrita di fermacarte – oggetti di cui ciascuno cerca di liberarsi utilizzandoli come regali alla prossima occasione, creando una circuitazione che è semplicemente sorprendente – cosa fate?

  • Per prima cosa li inserite in una bella scatolina di cartoncino colorato.
  • Poi li incartate accuratamente con una carta elegante e colorata.
  • Li avvolgete con un fiocchetto fatto di nastro colorato.
  • Eventualmente attaccate sopra degli adesivi con tanti disegnini.
  • Allegate un bigliettino variopinto dove scrivete un testo di auguri copiati da un altro biglietto che avete già ricevuto e che vi è molto piaciuto.

Insomma, la confezione è l’unica parte bella, crea aspettative, stimola l’immaginazione: quando il pacchetto verrà aperto seguirà una immediata delusione. Pensate se il pacchetto non venisse mai aperto: che meraviglia! Il vostro dono sarebbe eccezionale.
Mentre i vostri doni, prima o poi, verranno spacchettati, mettendo in luce la loro inutilità, quello che scrivete potrebbe non esserlo mai. Potreste nascondere le vostre idee sotto un confezionamento tale che nessuno potrà mai aprire, e tutti potranno presumere che voi siate dei grandi geni, colti e profondi, gustando unicamente il piacere del confezionamento esterno.

Mi raccontava un amico, che era nato in un paesino di campagna da una umile famiglia di contadini, che, quando era piccolo, ascoltava ammirato ed estasiato il parroco, il medico, l’avvocato e il farmacista che parlavano tra loro. Non ci capiva nulla, ma quei discorsi lo facevano sognare. Poi studiò, si laureò e, tornato al suo paesello, rimase assai deluso, perché capiva perfettamente tutto quello che veniva detto da queste persone, anzi, aveva scoperto che dicevano abitualmente un sacco di castronerie. La magia scomparve, il sogno svanì.
Tutto quello che si capisce facilmente perde interesse, assume subito una patina di banalità, di idiozia, di noia. Ciò che è incomprensibile, invece, accende la fantasia, illumina i sogni, si ammanta di mistero.

Una frase profondissima ma troppo chiara come «Ama il tuo prossimo come te stesso» non ha mai incontrato né fervore né veri seguaci, e la storia ne è amara testimone, con tutte le sue guerre, le prevaricazioni, gli odi. Invece, le dispute sulle più sottili questioni teologiche e sui più minuziosi puntigli filosofici e giuridici derivati da qualche passaggio poco chiaro delle Sacre Scritture, da qualche punteggiatura incerta, hanno infervorato gli uomini alla follia per tanti secoli, li hanno portati a scannarsi, ebbri di entusiasmo, perché l’incomprensione genera passione, slancio, motivazione, commozione, voglia di combattere.
Questo esempio dimostra che, perfino se aveste un pensiero incomparabilmente stupendo e meraviglioso, che potrebbe cambiare completamente il mondo, se tale pensiero è troppo chiaro non entusiasmerà mai nessuno e non verrà mai neppure notato.

L’incomprensibilità è potere e denaro, lavoro e occupazione. Pensate se le leggi fossero comprensibili semplicemente da qualsiasi cittadino! Chiunque potrebbe sapere cosa è giusto fare e cosa è vietato, un sacco di categorie professionali (avvocati, commercialisti, ragionieri, funzionari) avrebbero un totale crollo del lavoro. Ci sarebbero meno contravvenzioni, meno uffici pubblici, meno tribunali, meno burocrazia, meno liberi professionisti, insomma: meno lavoro e ricchezza per tutti. Mentre l’indispensabilità di moltissime figure professionali nasce proprio da qui: dall’interpretare ciò che è confuso, interpretandolo spesso in maniera ancor più confusa per non perdere completamente il proprio potere professionale.
Come un tempo gli antichi sacerdoti traevano il loro potere dall’interpretare gli imperscrutabili segni degli dei, oggi miriade di professionisti traggono il loro sostentamento dal divinare all’interno dei molto più criptici documenti del Parlamento, dei vari Ministeri e delle varie amministrazioni pubbliche.
Guai a quel Parlamento, a quel Ministero, a quella Regione, a quel Comune che dovessero legiferare in maniera perfettamente comprensibile: condannerebbe alla disoccupazione metà della nazione, e perderebbe completamente quell’aureola di mistero su cui si fonda il potere nei confronti dei cittadini. Inoltre l’operato di tali amministrazioni sarebbe facilmente giudicato e valutato da tutti, cosa, questa, assai penosa e da evitarsi con ogni mezzo.

Tra l’altro il politico che si fa capire è subito soggetto ad un ricatto terribile che si chiama coerenza. Ovvero gli elettori gli chiederebbero perché non rispetta i patti elettorali, perché in parlamento ha fatto il voltagabbana. Si sa, la gente vorrebbe che i politici rimanessero sclerotizzati sulle promesse fatte prima delle elezioni, impedendo loro qualsiasi evoluzione e miglioramento del loro pensiero. Non potendo evitare le indebite aspettative del pubblico, l’incomprensibilità inespugnabile è l’unica vera tutela da queste gravi sciagure.

Come tutti sanno, il potere di ogni pubblica amministrazione è proporzionale alla propria inefficienza, all’assurdità degli adempimenti che si richiedono al cittadino, al numero illimitato di questi e alla loro cripticità.
Più il cittadino si sente perduto di fronte alla giungla normativa più l’ufficio in questione ha potere discrezionale e quindi può gestire a proprio capriccio, operare favoritismi e ricatti e trasformare i propri dipendenti da umili funzionari ad arbitri onnipotenti della tranquillità dei cittadini.
Se le norme fossero poche e semplici, ogni potere e prestigio sarebbero gettati alle ortiche. E di qui l’anarchia, lo scontro, la guerra civile. Corriamo ai ripari dalla catastrofe: impariamo tutti a non farci capire!

È assodato che qualsiasi cosa che sia troppo facilmente comprensibile non può nemmeno avere autorità scientifica. Avete mai letto una pubblicazione scientifica seria dove si capisca subito tutto? Impossibile. O è comprensibile o è scientifica. Possiamo, anzi, enunciare che tanto meno un testo è comprensibile tanto più la sua autorità va presupposta. Per scientifico qui mi riferisco al modo di lavorare e allo stile, quindi non mi rivolgo solo al mondo delle scienze, ma anche (forse soprattutto) al mondo delle discipline umanistiche, dove, per esempio, l’incomprensibilità è la misura del prestigio di ogni studioso.

Colui che riesce nell’arte di non farsi capire può veramente vivere nella turris eburnea, la torre d’avorio, lo splendido ritiro di ogni dotto che è riuscito a sottrarsi al giudizio e al confronto con la gente comune. E questa condizione è una condizione paradisiaca, perché preclude discussioni, critiche, modifiche, rendiconti, valutazioni ed ogni altro tipo di beghe e fastidi che infestano la vita di ogni persona che dia le proprie affermazioni improvvidamente in pasto al proprio prossimo.
È questa la meta ultima di ogni scienziato, di ogni filosofo, filologo o psicologo, che abbia veramente capito come conquistarsi una beatitudine durevole.

Il sommo Ermete Trismegisto: con quelle poche frasi totalmente incomprensibili incise sulla Tabula Smaragdina è riuscito ad assurgere presso gli antichi ad un ruolo di semidio. Tanto è vero che tutt’oggi definiamo ermetico ogni pensiero che sia di difficile comprensione. Possiamo prenderlo a modello universale. Cosa sarebbe successo se le frasi del grande Ermete fossero state perfettamente comprensibili? Non ricorderemmo neppure il suo nome e l’aggettivo ermetico sarebbe parola sconosciuta. Invece, cosa che accade solo ai grandi geni, proprio la sua incomprensibilità lo ha reso immortale, e proprio per questo gli antichi lo chiamarono Trismegisto, che in greco significa tre volte grandissimo.

L’incomprensibilità apre le porte al sogno e alla magia. Quest’ultima deve essere necessariamente preclusa ai più, e solo l’oscurità la salva dalla banalizzazione. Se chiunque potesse capire cosa c’è scritto in uno degli infiniti trattati di magia, potrebbe banalmente verificare se le cose descritte funzionano o no, ed allora non avremmo più a che fare con la magia, ma con la noiosità delle scienze esatte. Invece quel brancolare nel buio, quell’affascinante continuo equivoco, quell’immaginare senza capire, aprono le porte ai sogni, all’immaginifico, allo straordinario.
Cicerone affermava: «Omne ignotum pro magnifico est» (Tutto ciò che è ignoto viene preso per meraviglioso). In questa sintesi di infinita saggezza è nascosta la chiave di volta per potere cambiare la nostra vita.

L’arte di non farsi capire non solo ammanta di meraviglioso e di magico ogni nostro pensiero. Ma, addirittura (e qui sta il vero miracolo) crea essa stessa la magia ed la meraviglia perfino nell’assenza più assoluta di qualsivoglia pensiero. Infatti non occorre affatto avere dei pensieri, per doverli nascondere. La cassaforte vuota attira ugualmente i ladri. Anzi, l’arte di nascondere e di occultare può affrancarsi finalmente dall’odioso pregiudizio di dover avere delle idee. Questo è veramente il culmine dell’arte: un pensiero assente non potrà mai essere espugnato e, quindi, i vostri interlocutori si affanneranno inutilmente, presupponendo in voi delle sottigliezze logiche geniali e impensabili. Oppure proietteranno il loro pensiero sulle vostre astrusità, e manifesteranno plauso, encomio e incondizionata ammirazione per quello che voi non avete mai detto (ma che loro crederanno di aver capito).

Tramite la incomprensibilità è possibile perfino divertire: tutti sanno che quando l’umorismo manca o non è comprensibile si chiama fine umorismo. Ma, se saprete gestire bene la vostra immagine di fini umoristi nessuno mai oserà astenersi dal ridere, perché darebbe a tutti l’impressione di essere scemo. E così otterrete sempre risate fragorose da parte di coloro che penseranno che voi dovrete essere certamente un genio per aver concepito battute così colte e raffinate.

Scuola di incomprensibilità

Per scrivere in maniera chiara veniamo indottrinati fin da bambini, solo che riusciamo a tenere la penna in mano. E tutto quello che non si capisce viene segnato con la matita rosso-blu.
L’editoria è prodiga di manuali di stile, di trattati , oggi esistono perfino corsi in line, siamo affollati di consulenti, psicologi, esperti di comunicazione, profeti e guru dell’affabulazione di massa.
Ma per ottenere l’effetto contrario, ben più desiderato, non troverete proprio nulla, quindi occorre partire da zero. O meglio, da quasi zero, perché, come ben sapete, di veri esperti di arte criptica il mondo è pieno.

Modelli da imitare

Per imparare a fare una cosa sappiamo benissimo che il primo passo consiste nell’imitare chi la sa già fare. Un esempio perfetto relativo è quello che avviene nel parlamento e in tutta la pubblica amministrazione. Non è che i parlamentari e i pubblici funzionari siano nati già capaci di non farsi capire. Ma nel corso del lungo apprendistato, leggendo gli scritti degli altri (colleghi, superiori e predecessori) ciascuno si è impratichito di strutture, concetti, forme e sintassi incomprensibili, e, col tempo, ha imparato a sua volta ad essere ugualmente criptico. Sappiamo che il mondo della politica e della pubblica amministrazione è imbattibile, per questo vanno considerate le leggi, le ordinanze ministeriali e i regolamenti vari come fonti primarie per l’ispirazione, da cui trarre infinite lezioni di stile e di metodo.

Il lessico dell’inarrivabile

Per arrivare ai risultati ottenuti dai grandi maestri, occorre impratichirsi con un tipo di lessico differente da quello usuale. I termini vanno scelti accuratamente entro le seguenti categorie:

  • Parole rare e arcaiche – per esempio usbergo al posto di difesa, compulsare al posto di consultare, obliterare invece di timbrare.
  • Figure retoriche – la metonimia, la metafora, la similitudine e la sineddoche dovranno diventare il nostro pane quotidiano, perché ci permettono di sostituire un termine con un altro molto più difficile da individuare (e poi: chi l’ha mai detto che debba proprio essere individuato?). Trasformeremo anche la più semplice frase in un rompicapo alla Bartezzaghi. Esempio: i rossoblu andranno a Canossa se non impalmeranno gli schemi di casa avversa.
  • Diluvio di aggettivi – se ogni sostantivo è corredato di numerosi aggettivi ci si dimentica facilmente sia del sostantivo stesso che del verbo, perdendo il filo del discorso. Se, poi, gli aggettivi sono iperbolici, distraggono ancor di più. Per esempio: la mia rapida, inarrivabile, confortevole, durevole, bizzarra e selvaggia moto.
  • Abbinamenti automatici e banali – questo è un piccolo trucco risaputo: se ogni volta che usiamo una parola ci mettiamo un termine che abbinato a questa formi un vieto luogo comune, realizziamo senza nessuna fatica una dilatazione inutile del discorso. La noia generata dalla banalità svia anche il più motivato lettore dalla comprensione. Così ogni volo sarà necessariamente pindarico, ogni reminiscenza proustiana e ogni lapsus freudiano, tanto per fare d’ogni erba un fascio, in modo che chi più ne ha più ne metta.
  • Pronomi ambigui – i pronomi e le particelle pronominali sono meravigliosamente ambigui e permettono degli equivoci meravigliosi. Per esempio lancio dal tetto un uovo sull’asfalto senza romperlo (rompere cosa?)
  • Neologismi inventati ad hoc – le possibilità sono infinite, l’importante è che il significato della parola che voi avete usato non sia reperibile su alcun dizionario e che abbia delle ambiguità atte a confondere. I più comuni sono quelli che si formano dando suffisso di aggettivo a nome proprio. Ad esempio finismo (da Fini, ma è facile sentirvi altre assonanze) oppure paleontologismo.
  • Parole straniere e suffissi italiani a parole straniere – questo è uno dei cavalli di battaglia dell’incomprensibilità. Dal behaviorismo alla targettizzazione, in questo settore assistiamo alla nascita di autentici capolavori.
  • Tecnicismi – nonostante quello che molti affermano a gran voce anche in tribunale, certi termini come testa di cazzo e figlio di puttana non sono veri tecnicismi, soprattutto perché tutti li comprendono molto agevolmente. I veri tecnicismi sono termini che prendono origine da un gergo particolare, al di fuori del quale non sono comprensibili. I maestri di questo sono gli informatici, che riescono ad arrivare ad esempi semplicemente illuminanti (es. l’overflow del buffer denota una rasterezzazione male allocata nella CPU)
  • Sigle e acronimi – questa è un’abilità della quale gli statunitensi sono inarrivabili maestri. La cosa strepitosa è che lo stesso acronimo può significare molte cose contemporanee , e quindi generare una confusione meravigliosa. Vogliamo fare un esempio? Prendiamo l’acronimo MAC. Sapete quanti significati ha? Provate ad andare alla seguente pagina per verificare: http://it.wikipedia.org/wiki/Mac A volte gli acronimi costituiscono una lingua a se stante. Chi ha frequentato un forum su Internet su argomento tecnico si sarà sentito rispondere talvolta RTFM. Che nel gergo tecnico è l’acronimo di: Read The Fucking Manual = leggiti quel fottuto manuale!

La sintassi e le raffinatezze stilistiche

  • Prolissità – sappiamo tutti per esperienza quanto la prolissità sia un deterrente alla comprensione. È per questo che deve essere usata con grande abbondanza, in quanto, da sola, ci garantisce almeno il 60% del risultato.
  • Ipotassi criptica – come tutti sanno l’ipotassi è l’arte di mettere una frase dentro l’altra a scatola cinese. Deprecata da coloro che coltivano l’arte della chiarezza è alla base del migliore linguaggio giuridico di tutti i tempi. Es.: I richiedenti la certificazione, in ottemperanza all’art. 20, presentata tutta la documentazione richiesta, dopo l’avvenuto controllo dei requisiti necessari da parte della P.A., potranno avvalersi dell’apposito modulo, avendo precedentemente provveduto a farlo vidimare dal competente ufficio.
  • Lunghezza del periodo – è accertato che se voi fate delle frasi così lunghe che nemmeno un palombaro le possa leggere senza prendere fiato almeno una volta, avete la certezza assoluta di far lievitare consistentemente il livello di incomprensibilità dei vostri scritti.
  • Citazioni – sappiamo che il mondo si divide in citatori e citati. Almeno nei tribunali la raccontano così. La citazione è sempre sfoggio di erudizione, anche quando è errata, impropria o insensata. Va sempre usata, anche e soprattutto quando non serve, perché distrae e manda il messaggio subliminale: “se non capisci quello che segue , visto che io sono tanto colto, è solo perché tu sei un buzzurro ignorante”. Se, invece di citare autori famosi, citate alla “boia d’un Giuda” (anche con nomi inventati a bella posta) entrerete presto nella mitologia. Es. come disse Peroni: io ve la do da bere a tutti quanti.
  • Anacoluti selvaggi – no, non sono i membri di una tribù primitiva di cannibali bensì sono i cambiamenti bruschi di soggetto. Non incasinano la comprensione in modo irreparabile, ma il raffinato li usa voluttuosamente perché tutto fa brodo. Es. Gli evasori: dobbiamo fare differenza tra quelli che evadono e quelli che non lo fanno.
  • Parentesi – Un uso abbondante di parentesi di ogni tipo e di note trasforma la lettura di un testo in uno slalom agonistico. Per alcuni, proprio nella dimensione sportiva della lettura sta il vero divertimento di chi scrive.
  • Note a piè di pagina – In questo genere di raffinatezza i filologi sono imbattibili e noi possiamo solo contemplare estasiati le loro produzioni al fine di apprendere questa meravigliosa tecnica che potremmo definire come stylus interruptus. Non importa che le note siano pertinenti, l’importante è che siano numerose. Come per le citazioni danno un’aureola di uomo dotto a chiunque ne faccia abuso.
  • Rinvii – ho lasciato questo per ultimo, non per scarsa importanza, ma, al contrario perché questo è il punto di forza del mondo della politica. Sappiamo che la politica è l’arte dei rinvii, e perfino l’eloquio che essa proferisce è intriso di tale sapienza. I testi di molte leggi sono inarrivabili e meritano sconfinata ammirazione. Es. Coloro che intendono usufruire dei benefici di cui all’Art. 23 del DPR 22/99 dovranno produrre la certificazione richiesta all’Art. 66 del T.U. secondo le indicazione della Circolare 227/08. Fantastico ed inarrivabile, un’autentica sfida alla comprensione umana.

Conclusione

Spero, con questo scritto di aver dato un piccolo ma sostanziale contributo a questa grande scienza dell’incomprensibilità che, bistrattata e maltrattata come fosse una cimice, in realtà è alla base del successo, della fama e del potere di tutti coloro che se ne sono abilmente serviti.
Spero che, svelando alcuni dei trucchi più importanti, di aver costituito un primo nucleo di base sulla quale sviluppare futuri e più approfonditi studi.

Voglio ringraziare molti che sono stati maestri e ispiratori di questa mia modesta fatica, quasi tutti parlamentari o funzionari ministeriali, ma essendo questi molto numerosi e pariteticamente dotati di immensa genialità, non solo non saprei da dove cominciare, ma qualsiasi elenco rischierebbe di escludere soggetti immensamente meritevoli. Per questo sono costretto ad un ringraziamento indistinto, ma non per questo meno sincero ed entusiastico.

Infine mi complimento con il lettore che, nonostante tutti i miei tentativi per seminarlo, annoiarlo e dissuaderlo è rimasto a leggermi con la tenacia di un mastino che stringe l’osso tra i denti. Chiunque sia arrivato qui senza saltare passaggi è veramente un duro. Spero soltanto di essere stato sufficientemente prolisso e incomprensibile, di averlo definitivamente sfiancato, altrimenti si renderà conto che quello che io ho scritto e che lui ha letto è solo una montagna invereconda di cazzate.

Insomma, mi avete capito?

Rispondi se ti va di lasciare un commento: