Leggo sul giornale che, a pochi giorni dalle elezioni politiche, parte un’ondata di scioperi.
Visto che il governo sta per cessare il suo mandato, scegliere questo periodo per scioperare è una autentica idiozia, perché la controparte non potrebbe comunque onorare alcuna promessa.
E quindi lo sciopero sarebbe unicamente una gratuita cattiveria contro i cittadini (e nella stragrande maggioranza dei casi lo è).
Ma ho imparato che gli scioperi non si fanno più per difendere i diritti dei lavoratori.
Gli scioperi oggi servono per affermare la potenza e la vitalità del sindacato, una pura prova di forza, sono autoreferenziali e non presuppongono più una controparte né tanto meno un obbiettivo sensato.
E più creano disagi al cittadino più sono efficaci.
Col risultato che le categorie che non appartengono ai servizi pubblici e che, se scioperano, non viene danneggiato nessuno, praticamente non hanno alcun diritto, sono obbligatoriamente lavoratori di serie B.
Lo sciopero, spacciato come un mezzo per riparare le ingiustizie, è diventato esso stesso una ingiustizia somma: discrimina i lavoratori e punisce i cittadini innocenti.
E’ uno strumento di sopraffazione, di ottusità e di arretratezza.
Ma è il gingillo preferito dal populismo sindacale.