Per gentile concessione della Rivista “PANTA REI”
Andrea Toffardello del Gardano
La stragrande maggioranza delle persone è convinta che quell'oggetto a forma di “8” presente nella stanza da bagno della stragrande maggioranza delle case italiane1) sia semplicemente un componente di arredo utile per le pulizie e le abluzioni corporali.
In realtà le cose non stanno affatto così: se pure l'uso ablutorio ha origini abbastanza recenti2), in realtà il simbolo, inteso come la forma geometrica di tale comune manufatto, ha origine nella notte dei tempi ed ha accompagnato la civiltà umana in tutto il suo percorso, come la presente comunicazione intende brevemente disquisire.
La parola bidè non viene affatto (o meglio, non solo) dal francese bidet, come troppi dizionari ed enciclopedie ancor oggi erroneamente si ostinano a riportare, ma viene da una antichissima radice, che d'ora in poi chiameremo per comodità radix bidealis, che si ritrova in numerosissime lingue di tutto il mondo appartenenti ad ambienti storico culturali ed a ceppi linguistici assai diversi.
Il seguente elenco è bastante a capire la diffusione storico - geografica di tale radice3).
Fin qui i raffronti parlano chiaro6). Tuttavia nel III sec. D.C. Aristocle Sulpiziano7) azzardò una etimologia, evidentemente e grossolanamente falsa, che però è stata creduta per quasi millecinquecento anni8).
Stando a questa ipotesi bideus verrebbe da bi (doppio) e deus (dio), e su questa base si è formata l'interpretazione allegorica, di cui tratteremo più oltre, parlando della simbologia esoterica.
Il simbolo bideale (la forma di cerchio con strozzatura al centro, simile al numero 8) è presente in una costellazione celeste nota come costellazione dell'Idrofago9), costellazione visibile sia dall'emisfero australe che da quello boreale. Già Tolomeo l'aveva descritta e aveva notato la sua grande luminosità in alcuni periodi dell'anno, ma troviamo numerose testimonianze archeologiche che confermano una diffusa conoscenza di questa costellazione.
Citiamo innanzitutto le più famose e meglio conservate10):
Questa costellazione e la sua forma assunsero fino dai tempi più antichi una simbologia precisa: visto che nelle due aperture rotonde si potevano vedere tracce di ammassi stellari lontanissimi, questo diede forse ai primi osservatori l'idea dell'infinito, e così, il simbolo bideale ha rappresentato da sempre l'infinito.
Ancora oggi, chi prenda in mano una qualsiasi macchina fotografica vedrà che, nella lista dei valori per la messa a fuoco l'infinito è rappresentato dal simbolo bideale; si badi bene, non è il numero 8, perché altrimenti sarebbe posto in verticale o avrebbe la strozzatura a metà che si chiude perfettamente.
Osservando i rapporti tra le varie dimensioni della costellazione, gli astronomi del Rinascimento calcolarono la proportio bidealis (la lunghezza diviso la differenza tra la larghezza massima e quella minima13)). Questo tipo di proporzione ha avuto una importanza, nell'architettura italiana del Rinascimento, paragonabile solo a quella della sezione aurea14).
Dal III sec. A. C. abbiamo le prime testimonianze di un significato esoterico attribuito al simbolo bideale15).
Nel suo Enchiridion, Tapeinos da Sardi16) scrisse che i due ovoidi che si incontrano nel simbolo bideale sono la congiunzione tra gli dei superni con gli dei inferi, congiunzione dalla quale, secondo fonti mitologiche preesistenti di probabile origine accadica17), sgorgò l'acqua dall'alto per purificare, allietare, rinfrescare e dissetare gli uomini.
Questo simbolo è pienamente presente e attestato in tutto il bacino del Mediterraneo e perfino nell'alta valle dell'Indo18).
Quindi il simbolo bideale, nella sua accezione esoterica, è il simbolo dell'unità del cosmo (dei superni e dei inferi) da cui nasce la vita del pianeta (l'acqua è simbolo e presupposto universale della vita).
E proprio l'unità del cosmo19) è l'elemento di collegamento con la simbologia astronomica20).
Il significato della congiunzione degli dei superni ed inferi è quello che più ha beneficiato della falsa etimologia di Aristocle Sulpiziano.
Un simbolo così forte non poteva non poteva non sedurre artisti di tutto il mondo.
E innumerevoli opere architettoniche furono realizzate secondo questo schema così importante. Tanto per citare due opere universalmente famose del Bernini: la piazza S. Pietro a Roma, almeno nella sua primitiva formulazione21), e la fontana di Piazza di Spagna, che ancora oggi suscita inconsciamente ai turisti tentazioni ablutorie.
Ma il massimo della diffusione del simbolo bideale si ha nelle antiche corporazioni di artigiani, depositarie di secolari sapienze occulte.
Il trionfo di tutto questo è avvenuto nel campo della liuteria: la massima parte parte degli strumenti musicali che escono dalla bottega di un liutaio (chitarra, violino, viola, violoncello e contrabbasso) mostrano evidente e inconfondibile nella forma della cassa armonica il simbolo bideale. Non sappiamo se i liutai siano sempre stati pienamente coscienti di questa antichissima simbologia. Ma abbiamo una chiara documentazione che, per alcuni grandi maestri cremonesi, tale derivazione simbolica non dovesse essere affatto inconsapevole. Andrea Amati, il capostipite della scuola cremonese così scriveva all'amico Lazzarone Strimpelli22): “ … imperciocché da la fidelitate al bideale [scil. “simbolo”, NDR] havvi a recognoscersi la nobilitate del honesto instromento …”.
Se dalla congiunzione tra gli dei superni e gli dei inferi sgorga acqua dall'alto per cadere verso il basso, ne deriva per naturale conseguenza delle cose un atto purificatorio.
In Francia, nel sec. XIII è attestato l'obbligo della bideatio (una cerimonia ablutoria consistente in numerosi lavacri) imposto dalle mogli ai mariti che tornavano a casa dopo lunghe battute di caccia23).
Tale pratica perdette mano a mano la simbolica sacralità e si andò sempre più banalizzando fino a trasformarsi nel corso dei secoli in una pratica meramente igienica.
A questo fa seguito la storia che tutti conosciamo, con il progressivo imbarbarimento delle forme (si sono prodotti perfino bidè ovoidali) e dei materiali costruttivi24) (dai metalli preziosi e fini pietre da scultura siamo arrivati ai banali oggetti di vetrochina25) prodotti industrialmente).
La maggior parte della bibliografia è stata già citata in nota.
Tuttavia si vedano anche i segg. lavori:
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